Bali, avventure tra le isole Gili e la selvaggia Nusa Penida (Parte 2)

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Chiara Comandini

Durante un viaggio a Bali vale la pena esplorare anche alcune delle isole circostanti, in particolare l’arcipelago delle Gili e l’impervia Nusa Penida, capaci di aggiungere un pizzico di avventura al volto più culturale e mistico dell’isola degli Dei. Dopo aver visitato i luoghi più caratteristici di Bali, ho scelto di animare il mio viaggio aggiungendo due tappe a est dell’isola.

Un primo traghetto mi ha portata da Padangbai al piccolo porto di Gili Air: una delle tre isole che compongono l’arcipelago (insieme a Gili Trawangan e a Gili Meno). Le minuscole Gili si trovano a nord-ovest della costa di Lombok e sono raggiungibili solo tramite traghetti (“fast boat”) dalle due isole principali, in quanto non esistono aeroporti. Ogni isola ha una personalità diversa: Gili T è la più vivace e ogni sera ospita diverse feste sulla spiaggia a ritmo di musica; Gili Meno è invece la meta perfetta per una fuga romantica, in quanto è l’isola più piccola e tranquilla; Gili Air offre una combinazione perfetta di servizi di qualità e atmosfera rilassata. Le spiagge di sabbia bianca (spesso deserte), le acque turchesi e le palme da cocco rendono le isole un paradiso naturale, mentre la bellezza dei fondali e l’eterogeneità della fauna marina permettono di praticare attività di snorkeling e immersioni. Le Gili fanno infatti parte del cosiddetto “Triangolo dei Coralli”. Pur costituendo solo l’1,6% della superficie del pianeta coperta dagli oceani, infatti, quest’area ospita i tre quarti di tutte le specie coralline esistenti ed è l’habitat naturale di sei delle sette specie esistenti di tartarughe marine. 

Su tutte le isole si possono trovare eccellenti scuole di diving per esperti e principianti e, durante la mia prima immersione, ho avuto la fortuna di nuotare con una decina di tartarughe (nel 2000 è nato un progetto di ripopolamento di questi splendidi animali e di protezione della barriera corallina). In tutte le isole vige il divieto di circolazione di mezzi a motore, quindi per gli spostamenti vengono utilizzate solo le biciclette e i “cidomo”: carretti a due ruote trainati da un cavallo. Purtroppo la maggior parte di questi animali non viene trattato nel migliore dei modi e l’aspettativa di vita è molto più bassa rispetto alla media. Per questo motivo si chiede ai turisti di avere un pò di sensibilità e di non usufruire di questo servizio.

Ho trascorso tre notti a Gili Air, visitando interamente l’isola e spostandomi a Gili Meno per visitare “The Nest”, il complesso di sculture sommerse ideato dall’artista Jason de Caires Taylor. Le dimensioni ridotte delle isole permettono di visitarle interamente in poco tempo, a piedi o in bicicletta, e le principali attività offerte sono quelle marine (snorkeling, diving, sup o kayak), relax sulla spiaggia o nelle Spa, lezioni di yoga, cinema all’aperto o semplicemente sorseggiare un cocktail ammirando il tramonto sul mare.

Con un secondo traghetto ho raggiunto un’isola decisamente più grande e ancora poco esplorata: Nusa Penida. Separata da Bali dallo Stretto di Badung. Recentemente, grazie ai social network, i suoi panorami mozzafiato stanno conoscendo una crescente popolarità e oggi è considerata una meta imperdibile durante una vacanza in Indonesia. Si tratta infatti della destinazione ideale per chi ama la natura aspra, remota e incontaminata, senza distrazioni. Tuttavia lo sviluppo è relativamente recente e l’isola non dispone di infrastrutture moderne. Il problema principale è rappresentato dalle strade, sconnesse e di difficile percorribilità nella maggior parte dei tratti. Il fastidio causato dagli scossoni però viene ampiamente ripagato dai magnifici panorami dell’isola: dall’inconfondibile Kelingking Beach (la cui forma ricorda la testa di un dinosauro) alla pittoresca Diamond Beach (una delle mie spiagge preferite di tutto il viaggio), dalla sabbia nera di Crystal Bay a quella fine di Atuh Beach, dalle onde che si infrangono sulla spiaggia di Broken Beach a quelle che si scontrano con la scogliera all’Angel’s Billabong.

La maggior parte delle meraviglie di Nusa Penida non sono facilmente raggiungibili e bisogna munirsi di molta pazienza, ma ne vale decisamente la pena. Bisogna però fare attenzione per quanto riguarda la sicurezza: alcuni luoghi, come Diamond Beach e Kelingking Beach, sono accessibili solo attraverso percorsi in discesa dalla cima delle scogliere fino alle spiagge nascoste, con ripidi dislivelli e la totale assenza di protezioni (se non qualche corda per facilitare i passaggi più impervi). È quindi necessario prestare la giusta attenzione, ma la sensazione di essere totalmente immersi nella natura ripaga a pieno la fatica del percorso. L’isola di Nusa Penida ospita inoltre alcuni tra i migliori siti di immersioni e snorkeling. Il suo mare custodisce un ecosistema ancora incontaminato, un vero e proprio paradiso per gli amanti della fauna marina. In particolare, le ipnotiche mante trovano in queste acque il loro habitat ideale. Io ho scelto di fare un’immersione a circa 10-12 metri al celebre Manta Point e ne porto un ricordo assolutamente indimenticabile. Grazie ai bravissimi istruttori della scuola di diving ho avuto la fortuna di vedere una decina di mante con un’apertura alare di circa 4 metri… la parola mozzafiato è semplicemente riduttiva. Il Manta Point rappresenta la più frequentata tra le cosiddette “cleaning stations”, ossia i luoghi dove è più probabile imbattersi in gruppi di questi animali meravigliosi. Nonostante la visibilità non fosse delle migliori a causa delle forti correnti, l’esperienza è stata impareggiabile. Non riesco a spiegare la sensazione che ho provato quando mi sono trovata di fronte a questi giganti del mare!

L’isola ha moltissimo da offrire, e ogni viaggio può regalare emozioni ed esperienze diverse in base a come si costruisce l’itinerario. In ogni caso, Bali e l’Indonesia hanno guadagnato un solido posto tra i miei viaggi preferiti e difficilmente qualcosa riuscirà a rubarglielo.

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