India: il Kumbh Mela di Allahabad, il giubileo hindu da 120 milioni di fedeli.

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Silvia Amadori
Arriviamo ad Allahabad, in Uttar Pradesh, dopo la notte in treno da Delhi, perchè qui, in questa santa per l’induismo, alla confluenza di fiumi Gange e Yamuna, si svolge da gennaio a febbraio del 2019 l’Ardh Kumbh Mela

Nell’arco della durata del Kumbh di quest’anno le autorità hanno previsto 120 milioni di fedeli, questo è il raduno che si celabra ogni 12 anni ed io scelgo la data più sacra per il plenilunio: il 4 febbraio.

Gìà all’uscita della stazione la folla è come un ruscello che va in una sola direzione, verso il fiume Gange, verso il bagno sacro; camminiamo in direzione dell’alto ponte di cemento che collega le due sponde, la prima visione dall’alto della sterminata distesa di tende, di luci, di fumi e di persone arrivate per il Kumbh Mela, il raduno religioso più grande del mondo. Non si vede la fine, a destra ed a sinistra ci sono solo persone, persone ovunque di tutti i tipi e di tutti i colori: famiglie, ragazzini, bambini addormentati sulle spalle dei genitori, coppiette, signori dal Rajasthan con i turbanti colorati, santoni vestiti di arancione, sadu nudi, venditori di zucchero filato, signore con enormi cesti di frutta sulla testa.. gente dappertutto, litanie cantate e suoni di campanelli, fumo denso di rifuti bruciati, polvere ed incenso che mi scende in fondo alla gola e non se ne andrà fino alla partenza da questa città.

Il giorno 4 febbraio secondo i calcoli degli astronomi è il giorno più sacro di tutti, le previsioni parlano di 10 milioni di persone che arrivano per fare il bagno purificatore nelle acque del Gange.

Ci svegliamo alle 4 del mattino, fuori è buio e freddo ma ferve già una grande attività come se fosse pieno giorno: i venditori di chai hanno già la fila, si friggono i primi samosa agli angoli delle strade, c’è una folla rumorosa e colorata che va verso la via principale, la polizia a cavallo fischia ma tanto la direzione è la stessa per tutti: verso il Sangam, ossia il punto del fiume di confluenza fra le acque del Gange e dello Yamuna, questo è il punto fare il bagno. Per gli hindu bagnarsi in questo punto, in questo giorno dell’anno, significa purificarsi e liberarsi dal ciclo delle rinascite, è un momento massimamente sacro da celebrare con gioia.

L’atmosfera che avevo pensato così mistica mi arriva invece come una gigastesca – ed a tratti anche paurosa – festa di paese: c’è gente di tutte le età che canta ed urla, i ragazzini che ogni due passi mi chiedono un selfie (forse perchè sono l’unica occidentale e bionda nell’arco di chilometri, in effetti mi sento come se avessi una enorme freccia luminosa sulla testa), le signore in sari che mi offrono da mangiare da oscuri recipienti, i poliziotti che continuano a parlarmi nella loro lingua, sorridendo chissà cosa dicono…

La nostra guida mentre camminiamo verso il Sangam continua a chiedermi se sono proprio sicura di non voler fare il bagno nel fiume. Il flusso di gente di cui facciamo parte si ingrossa di minuto in minuto, comincia a fare caldo e si sta sempre più stretti, pian piano non vedo nemmeno più il terreno, solo la nuca delle persone davanti a me. Comincio a smettere di sgomitare, a smettere di preoccuparmi per lo zaino, siamo talmente pigiati che è quesi impossibile muovere le braccia, non posso fare altro che arrendemi al flusso di gente, si può andare in una unica direzione, verso il fiume. Sento sotto i piedi che il terreno da compatto diventa sabbioso, da lontano fra le teste delle persone si comincia a vedere l’acqua.. Ammetto il panico: per una frazione di secondi penso che di certo finirò in acqua anche io sotto la spinta della gente, sono certa che sentirò i piedi bagnati fra poco…Intanto cominciano a passarmi vicino, strisciando e sgomitando, le persone che hanno già fatto il bagno sacro: uomini a torso nudo, vecchiette con i sari zuppi di Gange, ragazzini in canottiera che scuotono i capelli nerissimi grondanti acqua di Gange…

Io non so come riesco ad uscire da questa folla, non so per quale grazia non sia finita in acqua anche io ma in qualche modo ce la faccio, la folla piano piano si dirada, ricomincio a respirare, ringrazio Shiva a voce alta come fanno i pellegrini.

Con la luce di una alba torbida, con un sole arancione basso sul cielo grigio, prendiamo finalmente una barca staccandoci dalla riva: a bordo tre poliziotti e mamma e figlia che vogliono fare il bagno sacro nel punto esatto di confluenza dei due fiumi, dove l’acqua è più bassa e c’è altare di legno traballante per le offerte.

La marea umana di prima qui diventa un grumo di piccole barche piatte legate una all’altra, mentre i poliziotti si spogliano la signora indiana mi bagna la testa con l’acqua del Gange ed al mio ritrarmi disgustata mi ripete con stupore ‘è santa!’

Ecco, qui mi arriva tutta la sacralità del luogo e del momento: le offerte di fiori e lumini che galleggiano sull’acqua del fiume, le preghiere mormorate dai pellegrini, i brividi sulla pelle di quelli che si stanno rivestendo, il rumore delle barche una contro l’altra, la luce dell’alba di questo Kumbh Mela forse l’unico della mia vita: sono anche io una di queste 120 milioni di anime.

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