Iran – sulla via di Zarathustra

TIPOLOGIA
Exclusive Viaggi Manuzzi
Destinazioni
Asia Iran
silvia amadori 4
Silvia Amadori

Iran Le ceramiche colorate delle moschee, la luce gialla sulle torri del silenzio, il profumo delle rose di Kashan, il pollo al melograno… quanti sorrisi sotto al velo!

L’itinerario di questo mio viaggio va dalla città di Teheran, Kashan, passando dal deserto, Esfahan, la meravigliosa Yazd per concludersi a Shiraz.

Le ceramiche colorate delle moschee, la luce gialla sulle torri del silenzio, il profumo delle rose di Kashan, il pollo al melograno… quanti sorrisi sotto al velo!

A metà settembre il clima è ancora caldissimo, almeno 38 gradi nelle ore centrali del giorno, ma è un caldo molto secco e sempre ventilato; il colore del sole è lo stesso del deserto roccioso, ogni cosa è illuminata, giallo ocra dappertutto.

Dalla TEHERAN moderna ed imponente, con il palazzo di Golestan tutto ricoperto da un mosaico fatto di specchi al Museo nazionale dei gioielli nel caveau della banca centrale – quel mappamondo letteralmente ricoperto di rubini, smeraldi e diamanti è incredibile – partiamo in direzione sud, verso KASHAN. E’ un deserto di colline morbide, il caldo secco si fa sentire sotto al velo, i cortili delle case affrescate dei ricchi mercanti di Kashan, sulla via della seta, offrono riparo ai viaggiatori.

Arriviamo a EHSAFAN, che è stata una delle capitali dell’antica Persia; la Moschea grande è una enciclopedia in pietra dell’arte e dell’architettura persiana: la sua biblioteca del 1500 con le sue colonne ciclopiche e le enormi volte di pietra, la luce che filtra dall’alto rende questo ambiente mistico, si riesce facilmente ad immaginare i sassanidi curvi sui testi sacri seduti su meravigliosi tappeti tessuti a disegni floreali, i più belli del mondo arrivano proprio da questa città.

E poi la piazza della città, una delle più grandi del mondo, con tutti i bazar sotto il colonnato che contorna tutta la piazza piena di gente, di famiglie, di ragazzini rumorosi, di gruppetti di ragazze che si incontrano e sistemano le teiere e la frutta secca a terra per sedersi a prendere un the e chiacchierare.

Da Eshafan scendiamo ancora fino a YAZD. Questa città mi ha rapito, immediatamente: le sue vie strette tutte uguali con i muri gialli di terracotta, i portoni lavorati delle case museo che nascondono meravogliosi cortili con fontane bordate di piante di melograno, la vista dai tetti sulla luce dorata della sera, le torri del vento per rinfrescare le abitazioni, i bambini che si rincorrono fra le bici e i motorini, i ragazzini che ti fermano per parlare inglese e sapere cosa ti piace del loro paese. E le torri del silenzio fuori città, che è stata una delle più importanti comunità Zoroastriane dell’antichità; in queste torri all’aperto venivano esposti i cadaveri perchè gli avvoltoi potessero spolparli e riportarne così l’essenza nell’elemento aria, da dove venivano. La religione di Zoroastro ha tre precetti di una purezza devastante: pensare bene, parlare bene, agire bene. In questo luogo così silenzioso, con la luce del pomeriggio che sembra vibrare, è facile immaginare una società più giusta di quella in cui vive l’Iran attuale, massimamente contradditorio, stranissimo ai nostri occhi.

Per esempio l’obbligo per tutte le donne di indossare sempre il velo e di avere braccia e collo coperti è poca cosa, probabilmente, rispetto a quello che le donne iraniane devono affrontare tutti i giorni, ma questo letterale ‘mettersi nei panni dell’altro’ è stato molto forte per me, mi ha fatto molto riflettere su come una imposizione relativamente minima ed estetica sia pesante come un condizionamento mentale. Con questo caldo il velo non è certo fastidioso come devono esserlo i lunghi burka neri che ho visto indossare ad alcune donne; ma fa comunque una strana impressione, limita i movimenti, ti fa sentire osservata; confesso che appena salite sul volo di ritorno io e le mie compagne di viaggio lo abbiamo tolto con grande scena, sventolandolo come prova di una ritrovata libertà. Eppure l’Iran è anche il paese di donne bellissime ed elegantissime, di ragazze giovani con i capelli verdi sotto il velo, di gruppi di amiche che prendono il the sedute a terra nella piazza di Isfahan, di accrocchi di ragazzine velate e con la Coca Cola in mano che ti fermano per parlare inglese… Il paese della nostra guida, una signora elegante e cordialissima che ad ogni nostra obiezione riguardante il come possano fare, ad esempio, senza gli alcolici, ha risposto sorridendo sempre con lo stesso ritornello ‘sì, questo è proibito, ma poi noi, a casa nostra..’

L’orgoglio di essere persiani si intuisce sempre, negli sguardi alti, nell’assenza incredibile di mendicanti, nella pulizia delle strade e dei mercati, nelle barbe curate degli uomini per strada..

E PERSEPOLI, che meraviglia! Le teste colossali di tori, le iscrizioni nella vicina tomba di Dario a Naqs e Rostam con i bassorilievi finissimi scritti anche in greco che fanno solo intuire la grandezza di questo impero, le scene di caccia del 500ac, le colossali colonne all’entrata con i geni alati e le iscrizioni cuneiformi che fece Serse I e che dichiarano: “Ahura Mazda un grande Dio: ha creato  al terra, il cielo, l’uomo, all’uomo ha dato la felicità, ha fatto Serse unico re su migliaia di uomini. Questo portico da cui si scorgono tutti i paesi, l’ho costruito come molti altri monumenti, come li costruiva mio padre e quest’opera magnifica e tutti questi splendidi edifici li abbiamo eretti per la grazia di Ahura Mazda. Che Ahra Mazda lì protegga!”

L’ultima tappa del viaggio è SHIRAZ, dove visitiamo una delle più belle moschee del mondo, la Moschea delle rose: ceramiche dipinte a mano raffiguranti vasi di rose sora ovunque, sulle colonne, sulle volte e sulle pareti dei cortili interni, con la luce del giorno sembra addirittura di sentirne il profumo. La sala delle preghiere di questa moschea è una esplosione di colori ancora più emozionante: la luce della fine estate filtra di vetri colorati delle finestre sul tappeti persiani a terra in un caleidoscopio di rosso, verde, giallo e blu che illumina i veli neri delle signore e fa girare la testa.

Saluto l’Iran dal monumento tomba del poeta Hafez, vissuto nel 1300, che ha cantato l’amore per il suo paese e per le cose belle della vita: l’amore carnale, il vino, la compagnia degli amici, i viaggi lontani pur non avendone mai fatti. Questo poeta, attualissimo nelle tematiche, è diventato una istituzione nazionale e gli iraniani consultano il suo Divan ossia la raccolta di poesie come una profezia sul destino, aprendone il libro a caso per capire cosa consiglierà loro il poeta per il futuro. ‘Non giudicare i libertini, tu che sei un puro. Nessuno ti giudicherà per le colpe altrui. Che t’importa se sono un puro o un peccatore! Fatti gli affari tuoi! Alla fine ciascuno raccoglierà ciò che ha seminato. Ogni luogo è la casa dell’amore, la sinagoga non meno della moschea.’

A presto, Iran!

Vedi altri diari di viaggio

Cerchi ispirazione?

Rimani aggiornato sulle nuove proposte.