Messico: le civiltà precolombiane – Part. 1

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Silvia Amadori

Dal museo di antropologia di Città del Messico fino alla misteriosa città degli Dei, Teotihuacan: un viaggio tra le civiltà precolombiane.

Vi racconto la prima parte del mio viaggio in Messico: fra le rovine di civiltà millenarie, immersa nei colori delle città coloniali e nei profumi della terra delle agavi blu… ¡Que viva México!

Vi parlerò del mio viaggio in Messico dividendolo in tre parti, tre grandi periodi storici che hanno segnato il paese, tre atmosfere che ho intuito immergendomi in un itinerario snodato fra Città del Messico e gli stati di Hidalgo, Queretaro e Guanajuato.

Il mio viaggio è iniziato con la storia più antica, con la visita di uno dei musei più densi ed importanti del mondo: il Museo Nacional de Antropologia a Città del Messico.

Qui si trovano reperti di una incredibile collezione di arte precolombiana: finissime porcellane colorate, statue di sacerdoti danzanti, sculture di una potenza incredibile come una testa olmeca monolitica alta 3 metri rappresentante l’eroico decapitato vincitore del gioco della pelota, la ricostruzione a grandezza naturale del tempio di Teotiuhacan con le teste del serpente piumato, gli scheletri dei prigionieri qui sacrificati ornati di terribili collane di mascelle, la misteriosa tomba di Pakal sovrano di Palenke con la sua maschera completamente di giada (il mistero del re astronauta? Qui il link per la visita virtuale per chi non avesse intenzione di partire con il primo volo di domani)

Camminando fra le sale di questo museo si respira tutta la grandezza di queste civiltà che avevano costruito alcune delle metropoli più grandi del mondo, senza ruota né animali da traino, tutta la violenza delle guerre interne, il mistero dei loro riti e divinità, i pilastri su cui si fondano tradizioni millenarie di questo continente; questa è una tappa fondamentale per capire i siti archeologici di tutto il Messico, dal Chiapas al più noto Yucatan.

La visita il giorno dopo della città di Teotihuacan si è popolata ai miei occhi di quei colori che doveva avere nel 100 a.c. quando è cominciata la sua costruzione: il culto del serpente piumato Quetzcoatl comincia qui, i serpenti piumati di pietra erano gialli, verdi, blu e rossi. Blu era anche il colore di cui venivano dipinti i corpi di coloro che venivano sacrificati agli dei (avete visto Apocalypto?). Questa enorme città abbandonata, con le due piramidi principali, chiamate del Sole e della Luna, è così affascinante per la sua storia stratificata, è stata una delle città più popolate del mondo, poi è stata abbandonata e sommersa dalla giungla per essere poi riscoperta dagli Aztechi, immaginare quindi lo stupore dei conquistadores è un gioco di specchi vertiginoso.

La scalata della piramide del Sole di 75 m, per vedere la prospettiva della lunga via ‘la calzada de los muertos’ è quindi utile per vedere con occhi già pieni di storia la città di Tula, a circa 2 ore di strada a nord di Città del Messico. Questa città tolteca, con la sua piramide sormontata dalle statue di guerrieri ed il campo della pelota, racconta il mito di Quetzacoatl e del re omonimo, la leggenda del cui ritorno sarebbe arrivata fino a Montezuma, che lo avrebbe identificato negli spagnoli, agevolando la conquista del Messico. Il sito archeologico, immerso in un giardino di cactus alti metri e fichi d’india pieni di spine, è praticamente vuoto, non ci sono altre persone se non la guida che ci racconta il significato simbolico del gioco della pelota, dove la palla simboleggia il sole che lotta durante la notte contro gli spiriti del male per poter risorgere, così che il vincitore del gioco sia considerato prima l’eroe che si immola al sacrificio umano come massimo onore per aiutare il sole a splendere, poi, nella tradizione ereditata dagli Atzechi succederà il contrario, poiché -come per i gladiatori- veniva sacrificato il perdente.

Continua a leggere il Diario di Viaggio di Silvia nella seconda parte, QUI.

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